mercoledì 20 luglio 2011

Arnold Schönberg: Quartetto op. 7: un'analisi di Alban Berg (1ª parte)

Arnold Schönberg – Quartetto in re minore op. 7 per archi
Si tratta di un’ampia opera che dura quasi un’ora, in un solo movimento con quattro suddivisioni interne (Non veloce – Scherzo – Adagio – Rondò). Iniziato nell’estate nel 1904 e completato a settembre del 1905, questo Quartetto possiede una rimarchevole intensità e densità di scrittura. E’ un brano tonale, anche se talvolta utilizza armonie quartali. Utilizza pochi temi, e, come scrive Berg, li utilizza in numerosissime combinazioni sempre nuove attraverso una molteplicità di tecniche. Un’altra innovazione è la cosiddetta prosa musicale, per usare l’espressione dell’autore, secondo la quale le strutture regolari e simmetriche della frase classica vengono sostituite da frasi asimmetriche che, unite insieme, si raggruppano in unità più ampie di grande respiro. La prima esecuzione avvenne a Vienna il 5 febbraio 1907 per opera del Quartetto Rosé. Gustav Mahler, dopo aver visto la partitura, disse a Schönberg: “Ho diretto le più difficili partiture di Wagner. Ho scritto io stesso musica complicata in sistemi di più di trenta pentagrammi; tuttavia ecco una partitura con solo quattro pentagrammi, ed io sono incapace di leggerla”.
Pubblichiamo un illuminante saggio di Alban Berg sul Quartetto, inedito in italiano.
  
Perché la musica di Schönberg è così difficile da comprendere?
Alban Berg

Dal numero speciale di Musikblätter des Anbruch celebrativo del 50° compleanno di Schönberg, 13.9.1924
Traduzione di Andrea F. Calabrese

Per rispondere a questa domanda si sarebbe portati a delineare le idee soggiacenti all’opera di Schönberg, a investigarla dal punto di viste del pensiero. In altre parole, fare quello che viene frequentemente fatto: cercare di cogliere la musica per mezzo di argomenti filosofici, letterari o di altro tipo. Non è questa la mia intenzione! Sono preoccupato unicamente di ciò che avviene musicalmente nelle opere di Schönberg; il modo compositivo di espressione che, come il linguaggio di qualsiasi forma d’arte (cosa che dobbiamo accettare come premessa) deve essere considerato l’unico adeguato alla rappresentazione dell’oggetto. Comprendere questo linguaggio fino in fondo in tutti i suoi dettagli, ad esempio (per esprimersi in generale) riconoscere l’inizio, lo svolgimento e la fine di tutte le melodie, ascoltare il risuonare insieme delle voci non come un fenomeno casuale ma come armonie e progressioni armoniche, tracciare grandi e piccole relazioni e contrasti per ciò che sono, insomma, per dirla in breve: seguire un brano di musica come si seguono le parole di un poema in un linguaggio che si è padroneggiato fino in fondo è la stessa cosa – per chi possiede il dono di pensare musicalmente – che comprendere l’opera in sé. Così la domanda che si trova in cima alla ricerca riceve risposta se riusciamo ad esaminare il modo di espressione musicale di Schönberg in riferimento alla sua comprensibilità, e quindi tracciamo le conclusioni fino al punto in cui è possibile.
Faccio questo, consapevole che molto sarà ottenuto se si dimostrerà nei dettagli, su un singolo esempio, selezionato a caso nella misura in cui vi sono solo pochi passaggi nelle opere di Schönberg che non sarebbero idonei per una tale indagine.
Anche se queste dieci battute (si tratta delle prime misure del primo Quartetto per archi in re minore) non sono più considerate impossibili o anche solo difficili da comprendere, venti anni dopo essere state composte, tuttavia vi è ancora questo da dire su di esse: se, ad un primo ascolto, si desidera solo riconoscere la voce principale e seguirla fino alla fine di queste dieci misure, sentire l’intero come una singola melodia, che dovrebbe essere come saper fischiettare l’inizio di un quartetto di Beethoven – esattamente, anche se è tutto quello che l’ascoltatore desidera fare, temo che egli si ritroverà a fronteggiare difficoltà di comprensione appena giunto alla terza misura. 
Abituato ad uno stile melodico la cui più importante proprietà era la simmetria della costruzione fraseologica, e adattatosi ad un tipo di costruzione tematica che usava solo relazioni fra battute pari – un modo di costruzione che ha dominato tutta la musica, con poche eccezioni, degli ultimi 150 anni – un orecchio così precondizionato su un solo aspetto dubiterà sull’esattezza delle prime battute di una melodia che consiste, al contrario di tutte le aspettative, di frasi lunghe due battute e mezzo (es. 30).

In una scrittura tematica che evita le costruzioni a due e a quattro misure non c’è nulla di nuovo. Al contrario, semmai. Anche Bussler afferma con ragione che “sono proprio i grandi maestri della forma (si riferisce a Mozart e Beethoven) che amano le costruzioni libere e audaci, mentre non amano essere confinati nei cancelli di relazioni fra battute pari”. Ma in realtà quanto raramente tali cose avvengono nei classici (forse eccetto Schubert), e come tale pratica – così naturale e facile nel XVII secolo e in precedenza – è andata perduta nella musica di Wagner e dei Romantici (a parte i tipi di melodia popolare di Brahms) e perciò  anche nella nuova Scuola Tedesca! Anche il tema di Heldenleben, che sembrava così audace a quel tempo, è del tutto in frasi di due e quattro battute, e dopo le consuete sedici battute – la più sicura strada per essere compresi – torna ad una ripetizione letterale della prima frase. Anche la musica di Mahler e,  per citare un maestro di stile completamente diverso, Debussy, difficilmente deviano da formazioni melodiche organizzate in battute dispari. Qualora volessimo considerare Reger come l’unico (oltre Schönberg) che preferisce costruzioni moderatamente libere reminiscenti della prosa (come sostiene egli stesso), dobbiamo ammettere che questo è il motivo per cui la sua musica è relativamente difficile da comprendere. L’unica ragione, io sostengo. Giacché né le altre proprietà della sua scrittura tematica (sviluppo motivico di frasi di più note) né la sua armonia – eccetto la sua tecnica contrappuntistica – sono calcolate per rendere il suo linguaggio musicale difficile da comprendere.
Stando così le cose, è davvero troppo facile vedere che una musica che considera la costruzione asimmetrica e libera dei temi alla stessa stregua della costruzione fraseologica a due, quattro e otto battute – e questo è l’aspetto forse più importante del modo di scrivere di Schönberg – non sarà facilmente compresa, e, nel caso dei suoi lavori posteriori, non sarà compresa affatto.
E quando un tema come questo (per tornare al nostro caso particolare), nel corso dello sviluppo estremamente rapido che è coerente con il suo carattere impetuoso e anche tempestoso, giusto nella seconda ripetizione della frase che è stata appena afferrata ritmicamente, nel momento in cui questo tema acquisisce la seguente forma abbreviata (es. 31) attraverso il diritto di variazione, allora l’ascoltatore ha perso il filo ben prima che il primo climax melodico venga raggiunto due battute dopo (es. 32). Questo motivo in semicrome può sembrare come caduto dalle nuvole, mentre in realtà






Non è altro che la naturale continuazione melodica (ancora una volta ottenuta per mezzo della variazione) del tema principale. Questa successione di passaggi cromatici in realtà presenta un ostacolo quasi insuperabile per la comprensione dell’ascoltatore, come è evidente nelle esecuzioni del quartetto anche moderne, che è abituato ad uno sviluppo lento dei temi ovvero ad uno sviluppo ottenuto semplicemente attraverso sequenza e ripetizioni invariate. Generalmente egli non è in grado di relazionare queste figure in quartine alla loro origine accordale (che pure esiste), sulla base della velocità della loro successione; perciò l’ascoltatore perde la sua ultima possibilità di orientamento, e di valutare questo passaggio almeno sulla base della sua funzione cadenzale, o di sentirlo come una cesura o un climax. No, tale passaggio gli appare come una concatenazione a casaccio di “cacofonie” (provocate dallo zigzagare secondo lui apparentemente senza senso del primo violino); e perciò naturalmente egli non può intuire o comprendere la continuazione, che presenta nuove formazioni tematiche (sebbene correlate), ed è già ricca dal punto di vista del lavoro motivico, oltre al fatto di ricondurre ad una ripetizione del tema principale (in Mib maggiore!) solo dopo 19 battute.
Quanto più facile sarebbe stato per l’ascoltatore se tutte queste cose di cui si è dimostrato la difficoltà non esistessero proprio; se l’inizio del quartetto – possa io essere perdonato per l’empietà! – avesse avuto la seguente forma, che evita di proposito una tale ricchezza a livello di disegno ritmico, di variazione motivica e di lavoro tematico, e conservasse solo il numero di battute e note dell’ineliminabile ispirazione melodica (es. 33):




Tutto ciò rimuove completamente l’asimmetria della versione originale, e crea una struttura a due battute che soddisferà anche l’ascoltatore più ottuso. Lo sviluppo motivico e ritmico procede facilmente e lentamente, eludendo qualsiasi possibilità di variazione. Le semicrome, che potrebbero rappresentare un ostacolo nella struttura di un movimento animato alla breve, sono del tutto eliminate, e questo rimuove l’ultimo impedimento (precisamente la difficoltà di far uscire fuori all’ascolto quelle sequenze di salti cromatici di settima), dal momento che anche qui non oltrepassiamo il movimento di crome, e questo stesso è armonizzato in mezze battute. Ma nel caso in cui questo tema storpiato dovesse correre il pericolo di non essere compreso, l’immediata e letterale ripetizione nel tono della tonica offre un grado di comprensibilità generale che rasenta la musica popolare, e, per superare tutto il problema, ogni polifonia è evitata, e viene fuori l’accompagnamento più semplice che si possa immaginare.
Che differenza quando guardiamo Schönberg! Gli schizzi per questo Quartetto sono di enorme importanza per chiunque sia interessato a penetrare la psicologia del suo lavoro. Nessuno che vi abbia dato uno sguardo sarà in grado di affermare che la musica di Schönberg sia artificiosa, intellettuale o qualsiasi altra delle parole-chiavi consuete con cui la gente cerca di proteggersi dalla superiorità dell’immaginazione sovrabbondante di questo compositore. Poiché: ‘Ogni idea tematica è stata creata insieme con tutti i suoi contrappunti’.
E questo è tutto ciò che deve essere udito! All’inizio del Quartetto, in contrappunto con la prima frase di 5 battute del primo violino, vi è un’eloquente melodia nella voce mediana, costruita – per eccezione – da frasi di uno e due battute (es. 34):

1/ continua

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